Laboratorio di danza

Il Saltarello Marchigiano

Nelle Marche i vecchi raccontano che le fate della regina Sibilla ballavano il saltarello all’interno del loro antro, in cima alla montagna, calzando zoccoli di legno di fico. Furono le fate ad insegnare il saltarello agli uomini e a costruire il primo tamburello. La fonte della tradizione ancestrale marchigiana è quindi la Montagna delle Fate, il monte Sibilla: il ballo e lo strumento archetipico delle Marche nacquero lì.

Passando dal mito alla storia, troviamo in Castelfidardo, nella valle del fiume Musone, un altro luogo simbolo della tradizione: è qui che nella seconda metà dell’Ottocento nacque e si sviluppò l’industria italiana della fisarmonica. Da qui l’organetto diatonico iniziò a diffondersi capillarmente in tutto il centro-sud Italia, affiancando o sostituendo strumenti più arcaici nella pratica della musica tradizionale.

Da 150 anni nelle Marche il tamburello e l’organetto suonano in coppia: il primo, strumento femminile, lunare, acqueo; il secondo, strumento maschile, solare, igneo. Nella loro musica mito e storia si fondono dando, ancora una volta, impulso al ballo del saltarello, al Ballo delle Fate.

Nelle Marche esistono e sono documentabili diverse espressioni locali del saltarello: la ricchezza di oggi testimonia i fasti di un passato ancor più ricco di varianti. Nonostante questo, un comune sostrato simbolico molto forte e radicato può far parlare, a ragione, di Saltarello Marchigiano.

Il mio laboratorio vuole essere propedeutico allo studio del saltarello in generale, del ballo che Antoine Jean Baptiste Thomas nel 1823 definiva “la danza di carattere degli Stati Romani”, e del Saltarello Marchigiano in particolare.

Nello specifico si approfondiranno il Saltarello e la Castellana della Val Musone, il Saltarello Civitanovese, il Saltarello della Val d’Aso.

Animatori:

Roberto Lucanero: organetto, voce, racconti
Marco Meo: tamburello, voce, danza